Se sul latino alle medie penso che sia meglio che a saperlo siano pochi ma veramente bene, per quanto non me la senta di andare contro ad un insegnamento facoltativo, sulla Bibbia ha assolutamente ragione Valditara. Anzi, è fin troppo moderato, prevedendone l’insegnamento come parte del programma di letteratura, insieme a testi come l’Iliade o l’Odissea.
Al netto di ogni questione di ispirazione divina, molti testi dell’Antico Testamento questo sono: epica della storia di Israele. Altri sono poesia, altri legge… Da chi accusa il governo di essere contro la cultura è strano pensare che non vogliano le leggi del Deuteronomio accanto al codice di Hammurabi, un salmo accanto ad un’antica preghiera, un pezzo di Genesi accanto a Gilgamesh o ai Veda e via discorrendo. Anzi, in un certo senso ad offendersi dovrebbe essere la fascia più letterarista biblica: la Bibbia messa insieme a questi testi pagani e mitici?! Eresia, al rogo!
Ma c’è un qualcosa in più: la Bibbia, in quanto testo sacro del Cristianesimo, ha influenzato la società occidentale più di qualsiasi altro singolo testo. Non studiare la sua influenza sulla nostra civiltà sarebbe criminale ed è necessario ancora di più oggi, in un contesto sempre più slegato dalla religione e multiculturale, se vogliamo sapere in modo consapevole da dove vengono molti dei nostri valori e della nostra cultura.
Chiaramente non dev’essere uno studio devozionale né antireligioso, la domanda da porsi è “come ha influito sul mondo e su di noi?” E uno studio pragmatico della Bibbia e in generale di testi di filosofia e morale cristiana risponde a molte domande.
È facile farsi anticlericali dicendo che la Chiesa è cattiva perché ha coperto i preti pedofili, ma quanti si rendono conto che la condanna della pedofilia da noi è un concetto di origine cristiana, una rottura con la tradizione classica marcata addirittura un cambio di termine, da “amante dei bambini” a “corruttore di bambini”? Quanti di quelli che accusano la Chiesa di avere ucciso nella storia si rendono conto di come il concetto che una vita valga una vita e l’omicidio non sia da punire per necessità di ordine pubblico o sociale sia un concetto cristiano? Potremmo parlare per ore dell’influenza cristiana nella moralità e nel diritto occidentale, che sia di civil law o di common law, e avremmo scalfito solo la superficie.
Non è certamente l’unica fonte di diritto ed etica occidentale: la filosofia cristiana si sviluppa su basi classiche e vi sono stati movimenti all’esterno della religione, talvolta contrari ad essa o, pur non anticristiani, opposti alla Chiesa come istituzione nella sua corruzione terrena, in tutta onestà spesso anche a ragione. Ma il cristianesimo è stato per quasi due millenni un collante unico nel suo genere che è sopravvissuto a stati, imperi, modelli sociali e tanto altro.
Persino Nietzsche, non certamente noto per il suo amore della moralità cristiana e famoso invece per sostenere l’idea per cui Dio fosse morto, ossia non più utilizzabile per definire la morale, faceva notare abbastanza ovviamente che nel momento in cui si rinunciava alla fede cristiana si eliminavano nei fatti le basi della sua moralità: ottima cosa se come il filosofo tedesco se ne voleva creare una nuova a proprio uso e consumo, ma mi pare che quella che chiamiamo l’età dei lumi e della ragione, pur avendo prodotto delle riforme importanti tra cui lo stato liberale che ha come obiettivo la tutela di beni giuridici e non di principi morali, ha presunto che questa morale derivasse semplicemente dalla ragione umana e non dalla religione che c’è stata per secoli come substrato della società.
Presunzione errata, basta guardarci incontro: ma ovviamente se si vive in uno stato laico che non può riconoscere una fonte del diritto d’origine divina è tutto ridiscutibile, alla fine è la cosa interessante della moralità soggettiva: nulla è giusto o sbagliato in assoluto, ma conoscere l’origine di determinate idee morali e filosofiche può aiutarci a capire come vogliamo interpretarle e mantenerle.
Al netto del mio caro diritto e della filosofia, con cui ho notoriamente una relazione complicata, la mitologia e la storia cristiana hanno influito molto sulla nostra cultura: dalla lingua alla storia dell’arte, andare in una pinacoteca senza una minima comprensione di essa vuol dire non capire secoli di storia oltre a un generico “bello”. Proprio perché quest’arte fa parte della nostra storia e della nostra cultura e si sta perdendo il senso innato come società di ciò che dicono è bene che si cominci a studiarlo, come si fa anche con gli elementi della religione romana necessari a capire determinate espressioni artistiche ora che nessuno venera più il dio Giove.
Ovviamente la stessa cosa vale per i testi di altre religioni nel contesto dello studio di esse. Comprendere l’arte islamica senza conoscere i limiti imposti a determinate rappresentazioni dall’islam è difficile, per tornare al tema arte. Qualcuno griderebbe alla colonizzazione, ma sarei assolutamente a favore di una lettura, in casi del genere, di altri testi sacri.
Laicità vuol dire che lo stato non si fa dettare la legge dai vescovi (e che i vescovi non si fanno dettare la legge dallo stato), non uno stato che pur di andare contro la religione censura conoscenza e radici della propria popolazione. Ben venga uno studio ragionato, agnostico e storico-politico della Bibbia e, perché no, di altri testi sacri.