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Come il woke ha buttato i transessuali nel tritacarne trumpista

Anche mia nonna, classe 1924, era arrivata a capire il concetto di transessualità, che alla fine non è così estraneo da come noi vediamo la natura: c’è l’uomo, c’è la donna, ci sono delle persone che pur essendo nate con un sesso si identificano nell’altro e, con una serie di interventi e terapie, possono assumere le caratteristiche esterne di esso e vivere la propria vita più serenamente.

Risulta molto difficile, se non impossibile, credere che il sesso biologico si possa effettivamente cambiare. Una volta che, biologicamente parlando, si è nati uomini si rimane tali, idem se si nasce donne. Ma tutto sommato, ciò è poco influente: nell’ambito sociale contano molto più gli attributi esterni dello status biologico e, con una mano dalla legge che può, a determinate condizioni, permettere di cambiare il sesso legale, si può dare a queste persone una vita adatta a ciò che si sentono e che, nei fatti, per loro è spesso l’unica degna di essere vissuta.

Il problema sorge quando si esce dall’obiettività del sesso per inventarsi il genere 2.0. Perché, di per sé, il termine genere non ha nulla di sbagliato, la definizione dell’OMS è ottima: le caratteristiche di donne, uomini, ragazze e ragazzi che sono socialmente costruite. Che l’uomo abbia il pene e che la donna abbia la vagina è sesso, che l’uomo non debba piangere e la donna debba stare a casa con la calzetta sono tematiche di genere, che ovviamente variano da cultura a cultura e da periodo storico a periodo storico.

Ma se ci si inventa che il genere può essere letteralmente qualsiasi cosa, che oltre ad essere uomo o donna si può essere entrambi, nessuno, un qualcosa nel mezzo o un qualcosa di non binario, c’è un problema. Richard Dawkins, che certamente non dice ciò perché “Dio creò l’uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina“, sintetizza il tutto con:

Oggi è di moda usare il “genere” per quello che potremmo chiamare sesso fittizio: il “genere” di una persona è il sesso a cui sente di appartenere, in contrapposizione al suo sesso biologico. In questo senso, i “generi” sono proliferati selvaggiamente. L’ultima volta che ne ho sentito parlare erano 83. Ma era ieri. Cosa significa realmente “genere”?

R. Dawkins

Leggete l’articolo linkato, è veramente interessante, ma il punto che fa è semplice: solo nel sesso possiamo trovare oggettività, mentre nel genere inteso come si intende oggi tutto è possibile.

Qualcuno dirà che ognuno ha il diritto di fare e di sentirsi ciò che vuole, il che è vero, il problema è quando si pretende che tutto il pubblico accetti questa visione, lo faccia rinunciando a quella che manteneva prima, che guarda caso è la visione naturale delle cose, e che abbracci concetti che non stanno né in cielo né in terra. Ancor peggio, quando si chiede allo stato di usare la propria forza per zittire chi non è d’accordo, insegnare tutte queste cose nelle scuole, inserire improbabili riconoscimenti di non binarietà nei documenti e imporre un linguaggio inclusivo che stupra la storia delle lingue romanze.

Dov’è se un uomo si sente poco maschile e vuole vestirsi in modo più neutrale o femminile? Se però vuole fare finta di non essere un uomo senza voler essere donna, mi permetto di giudicare la situazione. Se pretende che tutti riconoscono che non sia un uomo ma una qualche nuova categoria, protesto. E lo faccio menzionando una semplice verità: il sesso umano è binario. Gli intersessuali non negano questa verità (sono anzi un ottimo esempio di “eccezione che conferma la regola”), poiché non producono un nuovo gamete capace di creare un terzo sesso e, per quanto indubbiamente la loro condizione porti a dubbi comprensibilissimi sulla propria identità, cariotipicamente il sesso solitamente è definibile secondo un semplice principio: se c’è una Y maschio, se non c’è femmina.

Parimenti, quando ci vengono propinati concetti assurdi come gli uomini che partoriscono l’unica possibile risposta è la verità: una persona che partorisce è una donna, per definizione. Se un uomo trans partorisce, non è un uomo, né lo è mai stato, né mai lo sarà. Spiace per quelli che accusano la Chiesa cattolica di essere contro la scienza per aver processato Galileo secoli addietro e ora vorrebbero processare per crimine d’odio chiunque esponga questa banale realtà.

Così, finiamo a dire la parte silente ad alta voce, per parafrasare gli inglesi. Anche doverosamente, ma ciò che diciamo non è un proiettile mirato, ma un colpo di cannone che colpisce anche chi non merita, ossia chi vive in una reale situazione di disforia di genere.

Tra l’altro, spesso, queste visioni estremizzano gli stereotipi di genere: se si immagina l’uomo come per forza estremamente mascolino e la donna come estremamente femminile qualsiasi deviazione dalla norma sociale, quella che varia in base a cultura e periodo storico, deve per forza implicare che si sia un qualcosa di diverso da uomo e donna quando sappiamo bene che non è così: l’abbiamo visto tutto un maschiaccio.

Noto spesso, in chi porta avanti argomenti d’ordine naturale, una totale mancanza di carità nei confronti di chi ha problemi del genere. C’è chi scherza sul drammatico tasso di suicidi tra chi soffre di disforia di genere, per esempio, per non parlare di chi va a perseguitare transessuali ricordando loro in ogni possibile occasioni che non saranno mai veramente del sesso di cui si sentono parte.

Onestamente è difficile credere che l’ordine esecutivo di Donald Trump che stabilisce che il governo statunitense riconosca solo maschio e femmina e che tale riconoscimento sia legato al sesso al momento del concepimento (e checché ne dica qualcuno non siamo tutti femmine, solito discorso del cariotipo) sia stato emesso per puro amore nei riguardi della verità. Ma basta vedere certi commenti, tra chi è convinto che la scienza abbia dimostrato che esistono innumerevoli generi (quando, in realtà, solitamente gli studi seri toccano il tema con un palo lungo 1 parsec giusto quando devono provare a capire perché ci sono persone che “nascono nel corpo sbagliato”), che questo sia un ritorno al Medioevo, all’Inquisizione, che le persone che “non appartengono ai due generi classici” sono depersonificate (quando l’ordine, diciamola come la direbbe un teologo, considera gli altri generi “invalidi”, non “validi ma illeciti”) e via discorrendo per capire che forse è necessario riportare un po’ d’ordine e di realtà nella mente di tante persone e che un ordine esecutivo del genere è facilmente giustificabile con questo ragionamento.

Certo, dire ad una persona che magari ha fatto anche un intervento di vaginoplastica o falloplastica che vive da decenni come se fosse del sesso d’elezione che da oggi torna al sesso di nascita sui documenti è da stronzi. Ma purtroppo è perfettamente coerente con il pensiero naturalista in materia.

Sono però convinto che se nessuno avesse provato a riscrivere la realtà, a banalizzare il sesso biologico e il suo ruolo nell’identità delle persone dall’alba dei tempi, a provare a tutti i costi a cancellare le donne e il termine “donna” inventandosi orrori come “persone con utero” o “persone mestruanti” (mentre invece “uomo” rimane “uomo”) e dando accesso agli spazi femminili a chiunque firmi autocertificazioni dichiarandosi donna, a imporre linguaggi inclusivi senza senso, normalizzare cose contro natura come uomini che partoriscono e accusare di essere complici di ogni suicidio di persone non strettamente eterosessuali tutti quelli che stortano un po’ il naso oggi il tema sarebbe molto, molto meno controverso.

In Italia per fortuna la situazione sembra sotto controllo. Quando si tratta di temi del genere sembriamo un’isola felice, sarà che sotto sotto, anche se non lo diciamo troppo in giro, un po’ cattolici siamo, per quanto di quelli un po’ progressisti. Ma come mi è capitato di far notare parlando di aborto le cose cambiano rapidamente nelle nuove generazioni, più esposte grazie ai social alle novità che provengono dal resto del mondo.

Tra esse c’è anche la polarizzazione sul tema dell’identità sessuale: se oggi c’è un consenso generale che guarda con misericordia e supporto a chi si sente “nato nel corpo sbagliato” pur riconoscendo che quello è pur sempre il suo corpo stiamo andando verso una divisione tra chi pensa che l’essere maschio o femmina sia un qualcosa che ti senti ma anche che non ti senti, dato che puoi anche non esserlo, e che dichiararsi tale operi una transustanziazione del corpo che tutti devono riconoscere e rispettare, a costo di cambiare linguaggio e realtà, a cui tanti rispondono ritenendo chiunque abbia problemi con il proprio sesso natio un malato mentale da portare in neurodeliri di volata con la camicia di forza.

Speriamo di non dover mai vedere qui un dibattito così estremizzato, che alla fine fa male a tutte le parti in causa.

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Informatico di giorno, spietato liberista che brama la secessione del Nord di notte. Con la libera circolazione, dato che amo la pizza.

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