FEDERALISMO & INDIPENDENZA | Approfondimento Politico

La scuola e l’autonomia: chi è causa del suo mal…

Ricominciano le scuole e ogni giorno leggiamo di un fenomeno che potremmo chiamare, in perfetto stile italiano, “povertà docenziale”: professori costretti a spostarsi dalla propria città, trovandosi magari in stanze condivise e con salari inadatti al posto dove vengono trasferiti, con anni di peregrinazioni in attesa del tanto desiderato posto fisso.

Se tali articoli probabilmente vengono pubblicati per portarci a sostenere di più la classe docente nelle sue battaglie sindacali e, in generale, aumentare la loro considerazione morale e politica, a me causano l’effetto opposto: i docenti sono in larga parte responsabili – collettivamente – delle proprie problematiche e, notoriamente, chi è causa del suo mal… pianga sé stesso.

Definire la scuola italiana una burocrazia sovietica è accusare l’URSS di essere stata più burocratica e statalista di ciò che era, eppure dai sindacati e dai docenti organizzati vi è totale opposizione a qualsiasi riforma, anzi, tendenzialmente sostengono ancora più burocrazia centralizzata.

D’altronde, se il sistema è unico e centralizzato, possiamo stupirci che un docente di Bari possa essere mandato con facilità a Torino? E che, soprattutto, il salario sia unico, rendendo eccessivamente vantaggioso lavorare in un Sud dove il costo della vita è basso e svuotando le scuole delle grandi città del Nord, dove il salario risulta magro, obbligando gli studenti di queste scuole a continui cambi di docenti, una discriminazione di cui stranamente i meridionalisti dal piagnisteo facile non parlano mai…

Se proponete la regionalizzazione dei concorsi, che sarebbe in larga parte una soluzione al problema degli spostamenti, vi diranno che volete l’apartheid. Non scherzo, eh, davvero paragonano il sistematico svilimento dei neri in Sudafrica al dover scegliere in quale regione tentare la fortuna. Per non parlare dell’idea di salari differenziati: normale in mezza Europa (e, in un certo senso, segreto del successo della Germania Est rispetto al Sud Italia), in Italia dareste meno scandalo entrando in Parlamento vestiti da SS urlando “Heil Hitler”, il tutto mentre sta parlando Liliana Segre, che proponendo ciò.

In realtà esiste un’alternativa ancora migliore rispetto ai concorsi regionalizzati: assunzione, come in una qualsiasi azienda, da parte della singola scuola o di un distretto scolastico di limitate dimensioni. Anche questo, normalità in vari Paesi europei, l’idea del concorsone è roba italo-francese con una punta di Spagna, rimasi quasi impressionato leggendo il sito dell’equivalente britannico del MIUR, che invitava i candidati docenti a prepararsi come per un qualsiasi colloquio, con CV e tutto.

Provate a proporlo e se vi va bene verrete paragonati alla Thatcher, se va male direttamente al generale Pinochet. Nonostante, ragionandoci, sia la soluzione ai problemi che i docenti lamentano, se il salario è adeguato localmente: non si deve stare in una macchina burocratica per anni e la scelta di trasferirsi è, appunto, una scelta ed è “premiata” da salari differenziati, se si sceglie una scuola in centro a Milano si verrà pagati di più rispetto alla scuola di un paesino della provincia di Sondrio, potendosi permettere la vita milanese, se si sceglie una vita più tranquilla si potrà vivere dignitosamente senza essere ultraincentivati ad andare via dai grandi centri… Soprattutto, se si ha talento, si può ottenere il posto fisso anche in pochi anni, non quando lo decide il ministero.

In buona sostanza, se i docenti son costretti a condividere stanze o a mangiarsi stipendi per monolocali, senza avere alcuna certezza sul futuro ed è ormai anche difficile trovarne, dato che chiunque ne abbia possibilità (*coff* laureati STEM) preferisce settori pagati meglio, senza peregrinazioni e dov’è ben più probabile crescere, non è colpa di chissà quale Grande Complotto Internazionale o della mano invisibile ma dei docenti medesimi che, quando c’è da parlare con un’unica voce, dice “più Stato”. Anche quando lo Stato glielo mette là dove non batte il sole.

Dunque, quando leggete dell’ennesimo docente che poverino non arriva alla fine del mese, vive insieme ad altre sette persone in un trilocale che in confronto gli studenti fuorisede vivono in una reggia e non può nemmeno permettersi l’abbonamento del bus, trovandosi costretto ad usare la Graziella del nonno, pensate ad una cosa: probabilmente avrà votato uno di quei partiti che chiedono rigorosamente l’esclusione della scuola da qualsiasi ipotesi di autonomia – magari proponendo la scuola nazionale con saluto alla bandiera – e sciopera ogni volta che si parla di “aziendalizzazione della scuola”, il tutto condividendo post in cui paragona a P.W. Botha chiunque dica che magari non è molto sensato che lo stesso salario venga pagato in un paese economicamente diverso come l’Italia.

Poi, piangete, dato che l’istruzione – ossia il futuro – è in mano a questo sistema clientelare dove persino la cooperativa che viene a pulire i cessi è più importante dello studente, che anzi è un vero e proprio peso…

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Informatico di giorno, spietato liberista che brama la secessione del Nord di notte. Con la libera circolazione, dato che amo la pizza.

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