Come reagirebbe il grande pubblico se un giornale titolasse “il centro-sinistra propone le unioni per gli invertiti”? Non bene, eh?
Eppure, se la proposta di Bitonci per l’insegnamento della lingua veneta viene venduta dai principali giornali come “dialetto veneto a scuola” va bene e nessuno dice nulla.
Eppure invertito e dialetto sono termini simili, non intrinsecamente offensivi ma imprecisi, spesso usati per simuire: matrimonio gay? Figo, un diritto. Unioni tra invertiti? Depravazione pura. Eppure sono la stessa cosa.
Così come “lingua regionale a scuola” fa tanto Stato progressista europeo, mentre “dialetto a scuola” fa elmo con le corna. Nonostante siano la stessa cosa (e il Parlamento UE abbia votato una risoluzione equiparando l’odio per le lingue regionali al razzismo, ma non diciamolo troppo in giro)
Avevo già scritto un articolo sul tema, ma qui ci sarebbe da fare un trattato sociologico su questa sindrome dell’italiano: si parla di una cosa normalissima nei più avanzati stati europei e, invece di parlare di pro e di contro, di attuabilità, di costi e benefici si inizia a urlare come le scimmie. Senza offesa eh. Per le scimmie.
Chissà quant’è credibile questa Italia agli occhi dei paesi che insegnano regolarmente le lingue regionali nelle proprie scuole quando vedono che gli italiani iniziano a dire cose che, se dette dei gay, farebbero sembrare Adinolfi un moderato, per una cosa che per loro è segno di civiltà.
E parliamo di Regno Unito, Spagna, Paesi Bassi e pure FRANCIA, ormai. La roccaforte della lingua unica nazionale si è arresa ma i furbi italiani, desiderosi di essere visti come dei bambini grandi dagli altri, dicono no, per non essere visti come provinciali.
Che cogl, pardon, che carini.
Che poi, se stessero un minimo attenti, noterebbero che l’insegnamento delle lingue regionali già c’è in Italia, per quelle che – a caso – hanno deciso di proteggere con la 482/99. Quindi il ladino, composto da cinque dialetti tradizionali diversi e dove il plurale di “vert” è “verc” è una lingua, degna di essere insegnata nelle scuole e di avere una propria edizione della RAI, il Lombardo Orientale, composto da 3 dialetti tradizionali, e dove il plurale di “vert” è “vercc” è uno sporco dialetto ed è anche solo ridicolo parlare di usarlo nelle scuole, figuriamoci in TV.
Questi debbono aver studiato scienze insieme a quelli convinti che l’Italia ha avuto la migliore gestione pandemica del mondo. D’altronde, se gli chiedi come mai il ladino, il friulano e il sardo son da considerarsi lingue e le altre censite no non sanno rispondere se non con supercazzole.
Poi c’è anche il raro coerente che eliminerebbe pure l’insegnamento della letteratura e della grammatica italiana, massimo rispetto, per quanto non condivida, ma la maggioranza della popolazione non la vede così, semplicemente straparla, spaventata da ciò che, altrove, è normalissimo e fattibilissimo, in preda a crisi mistiche di populismo alternato a voglia di essere ritenuti come gli altri, senza sapere in realtà come sono gli altri.
In tutto ciò nessuno nota la falla macroscopica dell’idea leghista di insegnamento delle lingue regionali, che in verità non è dissimile dall’approccio italiano in generale ove Sua Maestà Concede: non è tanto insegnando la lingua che la si salva, ma insegnando in lingua. È così che si ottengono i benefici cognitivi mostrati da ampi studi che confrontano zone con istruzione bilingue e senza. D’altro canto l’insegnamento puro della lingua porta all’Irlanda, dove tutti studiano il gaelico ma, nei fatti, tutti parlano inglese.
Se magari l’opposizione mandasse a parlare di istruzione gente esperta in istruzione eviterebbe di fare figuracce, tipo definire risibile il modello che UE e Consiglio d’Europa propongono per le lingue regionali e minoritarie, e direbbe ciò che mi trovo a dovervi dire io, che nella piramide alimentare italiana sono appena appena sopra all’analfabetismo giusto perché ho scritto “tecnico” e non “professionale” sul diploma.