Qualche tempo fa, forse con una nota provocatoria, il noto economista Michele Boldrin propose di abolire il liceo classico: la sua proposta, ad ogni buon conto, riguardava più la struttura sociale da esso creato che la scuola stessa. E, vi dirò, aveva ragione.
Prima di tutto è bene notare che in un paese normale non c’è nulla di male ad avere il liceo classico: ad una società servono filologi, linguisti antichi, esperti nella tutela dei beni culturali, docenti di materie classiche e così via, e se un ragazzo è inclinato verso la cultura classica è bene che segua questa inclinazione sin da subito, senza essere costretto ad imparare materie tecniche per lui noiose e che costituiranno una perdita di tempo (se la lobby dei filosofi “in cerca” la pensasse così sarebbe bene per tutti, tra l’altro).
Tuttavia l’Italia non è un paese normale, e dalla normalità spesso si decide se una cosa è un bene o un male: se io bevo una birra o un bicchiere di vino non c’è nulla di male, se lo fa un alcolista è una cosa pessima.
E il rapporto che l’Italia ha con il liceo classico è un pessimo rapporto, che raggiunge livelli di tossicità impensabili.
Si parte dall’idea, infatti, che il liceo classico sia la scuola maestra per formare “chi conta”, e che tutta la subcultura che da esso deriva sia l’unica degna di guidare il paese.
Peccato che la formazione classica pecchi in numerosi settori, soprattutto logico-matematici. Così, ci troviamo un Parlamento in mano a classicisti (l’ultimo leader di rilievo non classicista – Zingaretti – è stato silurato qualche tempo fa), che spesso non hanno grandi abilità matematiche e che sparano robe che persino ad un ragazzino che ha appena iniziato l’IPSIA parrebbero delle gran baggianate.
E, in effetti, la “Gymnasiumpolitik”, nella sua gran difficoltà nel capire la realtà espressa dai numeri e dalle scienze, ha fatto i suoi bei disastri: se una cosa non si può fare non si capisce perché, ma si grida al complotto perché “è un diritto”. Se la sanità va a donnine allegre non si prova a capire la vera ragione, ma si sbraita contro qualche babau immaginario. Si parla di nuove tecnologie? NIMBY. D’altronde, quanti politici saprebbero spiegare ai propri elettori perché avere vicino casa un termovalorizzatore è un beneficio e non un male se nella loro formazione non c’è mai stata una reale educazione tecnica che non fosse l’uso del seghetto?
Non me ne vogliano gli amici filosofi, ma questa è una politica che filosofeggia tanto, d’altronde come sosteneva un tale greco la filosofia è la scienza migliore perché non deve piegarsi ad alcuna realtà, ma che conclude poco, perché uno Stato non può stare lì a pensare a come gira il mondo mentre discute del sesso degli angeli, deve prevederlo, agire, fare, capire e risolvere problemi…
Poi, per qualcuno, magari vale anche l’adagio del “gli studi umanistici gli hanno aperto così tanto la mente che il cervello è uscito”, ma molti sono anche intelligenti, semplicemente avere un’intera élite formata allo stesso modo, per di più un modo che ha una visione ridottissima della scienza e della tecnica – ferma a quando scienza e filosofia si son separate (ed era il ‘600, eh) – è la ricetta per il disastro.
Ah, poi, ovviamente, per imitare “i loro idoli” un botto di gente va al classico o ad altro liceo, un po’ più formativo in altri campi, per poi buttarsi in una disciplina umanistica.
Molti finiscono a fare i giornalisti, col risultato che – in media – le testate giornalistiche non fanno quasi mai fact checking delle affermazioni dei politici: d’altronde, se non hai gli strumenti per capire certe cose come politico, non è che li trovi per magia quando diventi giornalista. E siccome a poter fare i giornalisti con questo metro son tanti – e tanti vogliono farlo – i salari si abbassano e la professione giornalista diventa sempre più un qualcosa di svilito e pagato a click, dov’è meglio pubblicare 10 articoli copia e incolla che uno fatto bene che, magari, analizza le situazioni.
Così, la popolazione riceve da fonti teoricamente affidabili delle gran boiate senza analisi alcuna, inizia a crederci, vota di conseguenza, e la politica diventa ancora più simile a un postribolo.
E chi non riesce a infilarsi in politica o nel giornalismo? Beh, solitamente Mamma Stato ha la soluzione pronta: il riciclo nell’istruzione.
Anche qui, la conseguenza inattesa è dietro l’angolo: siccome gli aspiranti docenti sono più di quanto Roma possa assumerne la procedura per diventare docenti diventa sempre più bizantina e con ostacoli.
Peccato che i laureati STEM possano trovare lavoro ben più facilmente (anche senza andare all’estero) e se proponi a un laureato in informatica di prendere anche un salario non altissimo, ma dandogli possibilità di fare carriera e di prenderlo subito accetterà, se l’alternativa è stare dieci anni in graduatoria andando un anno in Basilicata, quello dopo in Calabria e quello dopo ancora in Lombardia.
Così ci troviamo la crisi dei docenti STEM, per la quale il governo investirà dei soldi, specie per “le donne nella scienza”, donne che il sistema scolastico italiano fa di tutto per allontanare dalla scienza e dalla tecnica, ma vabbè. Ma, alla fine, le clientele l’avranno vinta: hai un esubero di umanisti e una carenza di tecnici? Insegna più materie umanistiche e meno scientifiche, no? L’assaggio, ossia filosofia al tecnico, sta andando benissimo e nessuno – a parte il sottoscritto – si è lamentato per la supposta proposta.
Siamo in un circolo vizioso di una società governata da gente figlia delle idee di Gentile che porterà ad un’istruzione sempre meno funzionale, che porterà a sua volta a sempre più persone che vogliono vivere di stato, ossia a un’istruzione sempre meno funzionale, e il resto lo potete capire voi.
Volendola sintetizzare, abbiamo visto l’Italia del classico all’opera durante la pandemia, con:
- Politici impanicati, poiché con enormi difficoltà a interpretare i dati, che prendevano misure con le terga e senza alcuna logica, sparandole grosse come una casa ai media nel mentre
- Media che, appunto, sono completamente incapaci di fare qualsiasi analisi e si limitano a riportare, anche quando si è davanti a bufale smentibili con una ricerca su Google
- Una popolazione, specie quella più giovane, istruita a cavolo che non riesce facilmente a distinguere ciò che è vero e ciò che no e va dietro acriticamente alla politica
- Tanto per divertirci un po’, un gruppetto di OKKUPAZZIONE SESSANTOTINA che, dall’alto della loro visione che avrebbe fatto impallidire Otto Grotewohl in quanto a statalismo, era convinto che ogni morto di Covid in Lombardia fosse causato dal governo regionale e che la soluzione fosse l’intervento di Roma, ovviamente non per ridurre i morti, ma perché i morti “pubblici e statali” son statistica, mentre i morti “privati e regionali” tragedia, per parafrasare un noto politico georgiano
Questa è un’Italia disfunzionale, che non può guardare seriamente al futuro senza che partano delle grasse risate da chiunque guardi la situazione dall’esterno. E, grattando bene, molte di queste problematiche derivano proprio dall’impianto culturale creato da Gentile e mai completamente rimosso dalla legislazione italiana.
E, detta tra noi, le possibili strade sono due: la prima è abolire il classico, visto che evidentemente tenerlo in Italia è come tenere una collezione di superalcolici in una sala degli Alcolisti Anonimi, ossia la proposta Boldrin.
Ma c’è anche una strada diversa, che ci permetterebbe di mantenere questa scuola di qualità per chi vuole seguire una carriera umanistica: abolire l’italianità culturale che è ormai definitivamente intrecciata con Gentile e smetterla di far funzionare lo Stato come se fosse una città stato della Magna Grecia.
Oppure non possiamo fare niente e aspettare lo schianto, sperando che qualcuno riesca a speigarci che, come sosteneva il noto Archimede Pitagorico, lo schianto è solo un’illusione perché la Terra, d’altronde, si muove sempre e non si è mai fermi sul pilone.