Nel Meridione d’Italia solo una donna su tre lavora. Se già l’Italia, nella sua totalità, non è mai stata un paese particolarmente per donne, il Nord almeno ha un tasso d’occupazione vicino a quello europeo, mentre il Sud ha dati che veramente fanno dispiacere anche chi, come me, crede che sia meglio avere governi diversi per Milano e per Napoli. D’altronde, ricordiamo sempre, il Sud sarebbe il nostro principale partner commerciale: più prospera, più prosperiamo anche noi. Quando si è sovrani e non schiavi di Roma, funziona così.
Detto ciò, è abbastanza prevedibile che i nostri cari politici, sempre alla ricerca di una scusa per mungere un po’ di più la vacca lombarda, usino questi dati per mostrare la necessità di nuovi interventi pubblici nella zona, di un “bonus donna al Sud” per favorire l’impresa, dopo altri 140 bonus identici falliti, questo funzionerà sicuramente.
A me, invece, non può che sorgere una considerazione più ampia, grazie anche alla lettura dei dati, usciti ieri, sulle iscrizioni per scuola e per regione: il Sud si spara nel piede da solo, favorendo in modo esagerato l’istruzione liceale.
Questa tendenza venne fatta notare già da Filippo Turati nel ben noto discorso “Rifare l’Italia” del 1920, che ebbe a dire:
Rilievo particolare assume lo sviluppo dell’istruzione tecnica. Nell’Italia meridionale non vi è una scuola, un laboratorio, un istituto superiore, che studi l’agricoltura specializzata del paese, le malattie e la selezione delle piante, i problemi infiniti di chimica, di biologia, di meccanica, di irrigazione.
Diversamente, l’esempio della Germania è lì a indicarci che cosa e come fare. Il miracolo dell’industria tedesca, realizzatosi in poco più di una generazione è stato l’esito, da un lato di una forte volontà organizzatrice, dall’altro di una sviluppatissima rete di scuole tecniche: università tecniche che presero il posto di antiche istituzioni accademiche, scuole tecniche secondarie la cui struttura variava in funzione delle regioni e delle industrie, scuole complementari obbligatorie per tutti gli operai dai 13 ai 18 anni, che dovevano frequentarle, pagati, durante le ore di lavoro, laboratori e biblioteche presenti in ogni fabbrica, associazioni di ingegneri che curavano la direzione intellettuale del movimento industriale.”
Col tempo gli istituti tecnici sono arrivati anche al Sud, alcuni anche di buona qualità, ma ciò che non è arrivata è l’adozione popolare: se nelle regioni settentrionali, di media, istruzione liceale e istruzione tecnico-professionale corrono affiancate, con circa un liceale per ogni tecnico-professionale, in quelle dell’Italia geografica il liceo viene scelto, in alcune regioni, da più del 70% dei ragazzi.
Poi, c’è da aggiungere una cosa: tendenzialmente il liceo è ritenuto più adatto alle ragazze, così che possano approfondire la cultura standosene lontane da quei bruti del tecnico: tant’è che, pochi anni fa, il 60% degli studenti del liceo era di sesso femminile, a differenza dei tecnici, dove il 70% degli studenti era di sesso maschile: dubito che le cose siano cambiate. Soprattutto, come evidenzia il rapporto linkato, il liceo scientifico resta tendenzialmente a trazione maschile, lasciando il resto del dominio liceale alle ragazze.
È quindi assolutamente plausibile che ci siano istituti tecnici nel Meridione che, di ragazze, non ne hanno mai viste!
E questo è un gran problema! Non me ne vogliano gli amici liceali, ma il sistema liceale italiano non è certamente amico del lavoro: da un lato, l’unico liceo che offre un qualche sbocco lavorativo diretto è il linguistico, per tutti gli altri bisogna proseguire con l’università, ma l’unico che offre una base abbastanza generale ed è tenuto in conto nei programmi è lo scientifico, ma se non ci si laurea, o si fa solo una triennale in alcuni settori, le opportunità scarseggiano: ne conosco di persone che han fatto lo scientifico, lo consigliano, dicono che apre la mente ma poi fan lavori che potremmo definire umili perché non han completato un corso di studi adatto.
Quindi è palese che una giovane ragazza del Sud abbia molte probabilità di finire in una carriera scolastica infruttifera, fatta di un liceo umanistico, di nessuna laurea o di una laurea in un settore dove l’unico vero datore di lavoro è lo Stato, quindi costretta o a cercare un lavoro in loco, spesso in nero o sottopagato, o a mettersi nel giro dei concorsoni, ottenendo uno di quei lavori che il Turati definiva “parassitario, malsano, turbolento”, che di finire in un settore produttivo, dopo un percorso di studi nel campo STEM.
E, visto che certe questioni diventano sistemiche, ovviamente una ragazza che diventa ingegnere ha molte più probabilità di finire al Nord o all’estero che di lavorare nel suo territorio, senza dunque migliorare tale statistica.
Al Sud servono sicuramente scuole migliori: di media un istituto tecnico al Nord forma meglio i propri studenti in matematica di un liceo al Sud, e la soluzione non può prescindere da una riforma di mercato che rompa le catene del “ti istruisco male ma ti do 100 e lode così che tu possa lavorare nel pubblico“.
Ma le rivoluzioni cominciano dalle persone, e se ancora non possiamo votare un partito che voglia risolvere le problematiche del Meridione e non comperarsi il voto dei residenti, una cosa si può fare: iscriversi a un Istituto Tecnico. Specie se siete ragazze residenti nel Mezzogiorno, è un atto veramente rivoluzionario, un atto che vi aprirà non poche porte, una scuola che vi chiederà del tempo, dell’impegno e tanta curiosità e voglia di fare anche fuori da ciò che vi impone il programma ma che vi darà una cosa che molti non hanno oggi: la possibilità di un lavoro vero, uscendo dalle grinfie dei politicanti che denunciano come antimeridionalista chi fa notare il fallimento delle loro politiche clientelari e assistenziali dedicate al Sud ma che, sotto sotto, considerano il meridionale una bestia da soma ignorante, che può solo imparare a memoria qualcosa e, nel migliore dei casi, ripeterlo davanti a una classe di venti persone e nel peggiore timbrare fogli al comune o osservare pedissequamente ordini.
Per me, cari amici e care amiche del Sud, valete molto più di quanto valete per i vostri politici: siete persone, non voti. E per questo vi consiglio vivamente di non seguire i pregiudizi e le malsane idee per cui solo un liceo può darvi un futuro, rendervi cittadini o insegnarvi a pensare: sono tutte stronzate, perdonate il francese.
Leggete i programmi, visitate le scuole, informatevi, parlate con studenti, valutate anche di investire in una scuola paritaria (tra l’altro, spesso, al Sud costano anche abbastanza poco), pretendente dai vostri politici rispetto per tutte le forme di istruzione e fate una scelta libera. C’è una ragione, d’altronde, se qui un 25% di studenti che da voi fa il liceo fa il tecnico o il professionale e il risultato è un aumento di prosperità.
La strada per la prosperità del Meridione passa inequivocabilmente per l’istruzione tecnica, ma soprattutto per le donne in questa istruzione.