Le riserve della Repubblica sono in riserva. Quello che può sembrare un gioco di parole è la realtà che si cela dietro il governo Draghi. L’ex governatore della BCE era l’unica (l’ultima?) personalità spendibile in possesso di autorità e competenze tecniche tali da poter guidare un governo che nei fatti è di Salvezza Nazionale. Dopo Draghi il diluvio? Sembrerebbe, se le forze politiche si stanno contorcendo nel tentativo di prolungarne l’esperienza facendolo transitare allo scadere della legislatura dal Consiglio dei Ministri al Quirinale. Incarico dall’alto del quale il SuperMario nazionale potrebbe esercitare la sua “moral suasion” su qualsiasi governo. Disegno che tuttavia pare fallito, dal momento che Mattarella si è dichiarato indisponibile a un “mandato – ponte” che consenta a Draghi il cambio di palazzo allo scadere della legislatura nel 2023. Allora “Che fare?” (come scriveva Lenin)?.
L’opinione di chi scrive è che per una prospettiva indipendentista/confederalista è più interessante capire i motivi per i quali si è arrivati all’attuale situazione di crisi, piuttosto che cercare di decifrare come le sempre più deboli forze politiche si ingegneranno di uscirne. Questo perché capirne la genesi può dare utili spunti per una strategia d’azione. Un punto fondamentale: l’attuale crisi politica è in primo luogo e soprattutto una crisi sistemica dello stato-Italia. Draghi è solo l’ultima edizione, tecnocratica e “cool”, di una figura che tanta parte ha avuto nella storia Italica: “L’Uomo della Provvidenza”. Attenzione, con questo non si vuol dire che l’attuale premier è in qualche modo il prodotto di nostalgie autoritarie, quanto piuttosto che è l’ultimo di una serie di personalità chiamate a fronteggiare situazioni “eccezionali” che da almeno 20 anni si ripetono con una regolarità tale da farle diventare ordinarie. È una figura in qualche modo patologica, perché è il sintomo di una situazione di malessere cronico delle istituzioni, la quali non più in grado di esercitare la funzione di governo, sono costrette a rivolgersi a “personalità”, le “Riserve della Repubblica”, appunto, che esercitino la funzione di supplenza. Amato, Dini, Monti e ora Draghi sono arrivati, specie gli ultimi due, per mettere una pezza in situazioni disastrose.
Qualcuno si ricorda il titolo disperato del Sole 24 ore prima dell’insediamento di Monti? Lo stesso Berlusconi fu in un certo qual modo un “uomo della provvidenza” nel momento in cui dalla tabula rasa fatta da mani pulite seppe trarre un nuovo CDX che fu egemone per almeno 10 anni complessivamente. Prima di lui, l’Uomo della Provvidenza per antonomasia fu LVI: Benito Mussolini. In mezzo, 44 anni di Guerra Fredda che misero in ibernazione la politica dell’€pa divisa in blocchi. E infatti, i problemi cominciarono quando i Blocchi non ebbero più ragione di essere. Più che “incominciarono”, ritornarono, perché in Italia non erano mai stati risolti.
Questi problemi li conosciamo tutti, ne abbiamo scritto più volte: alto debito causato da politiche clientelari aventi lo scopo di fidelizzare a uno Stato a debole legittimazione vasti settori della società, debolezza di istituzioni parlamentari costruite sul modello consociativo, mancanza di un autentico decentramento decisionale e amministrativo e così via. A tutto ciò si aggiunge la polverizzazione dei movimenti politici che, dopo lo scioglimento dei blocchi, ha riguardato praticamente tutto il cosiddetto “arco costituzionale”. Inoltre, si è aggiunta una cronica incapacità di riforma delle Istituzioni, dovuta sostanzialmente a due ragioni; i vincoli costituzionali e il conservatorismo della classe politica e di vasti settori della società, ostili a qualsiasi mutamento dello status quo. Questa situazione non è solamente frutto di una crisi delle istituzioni statali, ma è anche e soprattutto una crisi de senso dello stato – Italia. Una forma statale a basso grado di legittimazione che si è mantenuta assieme per 160 anni grazie a una serie di piccoli e grandi “stati di eccezione”. Il Fascismo prima e la Guerra Fredda poi mantennero per più di 60 anni come in ibernazione la vita politica italiana. E, se leggiamo il primo come un tentativo di fondare una coscienza nazionale per mezzo della Statolatria, capiamo meglio come mai la sua nostalgia sia ancora ben presente nell’Italia repubblicana. Draghi è l’ultima in ordine di tempo (o l’ultima in assoluto?) delle “personalità” che sono state chiamate al “capezzale della Repubblica”, utilizzando una metafora clinica del giornalismo mainstream che inconsciamente svela la situazione patologica del paese. Occorre farsi poche illusioni sulla narrazione di un rinascimento “post Covid”. L’Italia è un paese indebitatissimo, ancor più indebitato dopo il Covid, che demograficamente si contrae e pensare che con una curva demografica irreversibilmente in declino si possa produrre tanta ricchezza da ripagare il debito accumulato da generazioni in spese clientelari è semplicemente ridicolo.
Una situazione emergenziale ricorrente non è più un’emergenza, è una regolarità. Ma d’altro canto questa situazione fornisce eccellenti prospettive per una linea di azione indipendentista/autonomista. Il piccolo Leviatano nato 160 anni fa è debole e vecchio, quale momento migliore per impegnarlo infiltrandosi nelle maglie della sua arrugginita cotta?