Il colorito De Luca ha dipinto il suo PD come “il partito del nulla”, l’irruente Emiliano ha riconosciuto a Salvini (bontà sua) una condivisibile “visione politica”, assente dalle parti di Letta. Il pacato Zingaretti ha ammonito Letta di non “confondere il Riformismo con il fighettismo” (testuale).
Il gelido Letta e tutto il variopinto villaggio del PD non hanno dato il minimo segno di reazione alle bordate pervenute dai (loro) presidenti delle tre più importanti regioni dell’Italia peninsulare.
I maitre a penser dei giornalini e dei giornaloni, che di sinistrismo campano, si sbracciano a dimostrare le divisioni nel centro destra. Anche loro hanno digerito in poche ore gli episodi interni a un partito (e non ad una coalizione) e il tema è scomparso: il PD è coeso: ipse dixit!
Letta a me non è simpatico di suo: mi sembra che abbia la puzza sotto il naso, con poca passione per le vicende della vita pratica, quasi tutta per le problematiche generali, per i massimi sistemi: Jus soli, decreto Zan, unici argomenti che sembrano degni delle sue illuminate analisi e delle sue avveniristiche soluzioni, delle sue intemerate. È un esemplare interprete della berlingueriana “differenza morale” fra gli eletti della sinistra e i reprobi di qualunque appartenenza diversa. Volendola mettere in termini plebei, interpreta bene l’aforisma del marchese del Grillo: io sono io e voi non siete un c…o.
Invece l’appello di Gramsci al popolo: “Studiate, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza” è stato recepito: abbiamo studiato e di conseguenza, quando ci siamo riusciti, ci siamo liberati di voi.
Il solo concreto programma politico di Letta è il giornaliero attacco a Salvini e alla Lega. Questo va un po’ meno bene perché la politique d’abord salviniana ne esce legittimata dall’avversario e tenderà a non cambiare, almeno fino a metà ottobre quando i sondaggi si trasformeranno in voti. Oggi Letta è il miglior alleato di Salvini: l’eterogenesi dei fini!
Ma nonostante la buona volontà di Letta (e di Conte) prevedo che il cdx perderà le prossime elezioni amministrative: come al solito il cdx non presenta candidati politici ma “civici”, selezionati più da alchimie della coalizione (questo a me, quello a te) che per merito e competenza. Per di più a pochi giorni dalle elezioni, tanto pochi da rendere arduo il compito di far conoscere se stessi e il proprio programma agli elettori: cupio mori. Sembra che ci sia la volontà pervicace di lasciare alla sinistra il governo del territorio.
Che è l’esatto contrario del dna della Lega “sindacato del territorio”, con le buone amministrazioni leghiste sparse nell’Italia del Nord. All’epoca la Lega aveva efficienti “guardiani del territorio”, andavano in giro, interloquivano e poi riferivano: ne nascevano progetti concreti, premessa per le riconferme successive.
Con un po’ di cinismo ho imparato a capire che un’impresa si giudica dal valore dei margini, un partito dal numero dei voti. A questa logica elementare neanche la Lega attuale potrà sottrarsi: se il raccolto sarà magro le cose si complicheranno per il cdx ma ancor più per la Lega attuale.
Salvini ha accantonato il progetto originale della Lega: per aumentare a dismisura i voti al partito “nuovo”, attento e puntuale alla tattica giornaliera, ha dovuto rinunciare al programma leghista di fondo: il federalismo, il consapevole “prima il Nord” produttivo che traina il Paese e crea la ricchezza necessaria a mantenere mezza Italia poco produttiva.
Non c’è verso: o crei la ricchezza sufficiente oppure vivi di sussidi, come il reddito di cittadinanza, che consolidano l’improduttività di interi territori non stimolati a crescere, tanto campano lo stesso.
Nell’immaginario collettivo imposto da decenni, ci pensa lo Stato a darti la paghetta, senza chiedersi da dove lo Stato prende i soldi. Lo Stato è un tipico esempio di ente di erogazione: non produce ricchezza in proprio ma distribuisce la ricchezza che l’attività economica di imprese e cittadini gli versano in tasse e tributi. Sarebbe comune interesse incentivare imprese e cittadini a produrre più ricchezza, ma sarebbe pari interesse che la redistribuzione non si trasformasse in sussidi, ma andasse in quelle infrastrutture da anni impedite da gruppuscoli di “no questo, no quello”: la TAV, la TAP, l’Ilva, l’Alitalia, lo sterminato numero di comitati del no che si sono opposti con successo e per la debolezza della politica italiana a nuovi investimenti, senza mai rispondere degli esiti catastrofici che le loro personali frustrazioni, spesso in connivenza con la sinistra e sempre con i prodi grillini, hanno prodotto e ancor più produrranno nel futuro.
Tornando al tema: la profezia di Luigi XV: “apres moi le deluge” potrebbe qui diventare “dopo le ammnistrative di ottobre, se non il diluvio, almeno molto maltempo si abbatterà su molti partiti italiani, fra i quali uno dei più alluvionati potrebbe essere la Lega per Salvini premier”.