Tra aprile e maggio tutti lodavamo la Germania e la sua risposta, leggera e funzionante, basata sui crudi numeri, con ospedali che reggevano e misure localizzate.
Anche dopo, per mesi, la Germania è rimasta il benchmark per le misure anti-Covid in Europa.
Però, poi, a novembre è cambiato qualcosa. Per avermi fornito una dinamica completa ringrazio F.B, un ragazzo residente in Germania, ogni errore residuo è colpa mia.
La Germania ha indetto un “soft-lockdown”, essenzialmente chiudendo solo i ristoranti. Fin qui, poco male direte, ma già si notavano i primi segni di “perdita di senno”: la Merkel dei numeri abbandona tale approccio e inizia a parlare più per sentimento.
Impazzimento generale? Più probabile che c’entrino le primarie della CDU: infatti la corrente “bavarese” è decisamente lockdownista, basti sapere che il primo Stato (tra i pochi, comunque) della Germania ad applicare un lockdown duro fu proprio la Baviera, il cui Primo Ministro si immaginava molto vicino a Bergamo, in termini di diffusione della pandemia.
Le varie dinamiche interne alla CDU hanno portato questa corrente ad avere sempre più potere così, a dicembre, il blocco viene indurito chiudendo anche i negozi ritenuti non essenziali.
Una cosa importante da notare, tra l’altro, è che la CSU (i bavaresi, per chi non lo sapesse) non esprime un cancelliere da prima dell’Unificazione, pur avendo espresso qualche candidato poi sconfitto alle urne, e che quindi la componente bavarese è molto interessata ad imporsi, sfruttando il vuoto causato dal ritiro della Merkel, per ottenere finalmente la cancelleria.
A gennaio, misure poi parzialmente revocate dalla magistratura (si veda qui e qui) in quanto ritenute irragionevoli, vengono introdotti anche dei limiti allo spostamento nelle zone più colpite, tra l’altro criticate dai medici che temevano un “effetto lazzaretto”.
A febbraio, poi, la speranzata: la soglia di guardia viene abbassata – sempre sotto pressione bavarese – da 50 casi su 100’000 abitanti a 35. Addirittura, in alcune città, non si vuole riaprire prima di arrivare a DIECI casi su 100’000 abitanti. La strategia si fa sempre più chiara: zero-covid.
In sostanza, non si chiude per non avere gli ospedali pieni o riportare l’infezione sotto il tracciamento: si chiude per azzerare virtualmente il covid. Il tutto mentre, a differenza di marzo, non arrivano nemmeno i ristori.
Se vi sembra abbastanza improbabile che un Paese ben connesso e con numerose frontiere terrestri possa mantenere uno zero covid, non siete i soli: ad oggi tra i Paesi industrializzati solo l’Isola di Man e la Nuova Zelanda ce l’hanno fatta e l’assenza di focolai è durata anche poco.
Sono, ovviamente, entrambe isole, senza enormi flussi migratori e nonostante ciò, com’è successo in Nuova Zelanda, quando arrivano dei casi nuovi bisogna effettuare dei blocchi chirurgici per mantenere la strategia.
In Italia, in estate, eravamo arrivati quasi a zero covid, ricorderete bene che facevano notizia gli aumenti di morti da 3 a 5. Eppure ci è voluto poco perché la pandemia tornasse a correre.
Tuttavia l’entusiasmo chiusurista è durato poco: da domani, infatti, iniziano le riaperture, scaglionate per Stato: qui potete leggere una panoramica.
Ricordiamoci che in Germania vige il federalismo, quindi le decisioni debbono essere prese principalmente a livello locale: sino ad oggi si era optato per misure decise insieme in tutta la federazione, mentre questa volta i Laender hanno deciso di aprire e, a differenza dell’Italia dove basterebbe un cenno di Speranza per un lockdown totale, il governo centrale ha poche armi per opporsi.
Non tutti, però: ad esempio restano fans del modello zero-Covid il presidente del Baden-Württemberg e il sindaco di Amburgo, dove anche i fiorai resteranno chiusi per il tumore del contagio. Alla fine, grazie al federalismo, potremmo vedere se avranno ragione quelli che vogliono aprire o quelli che vogliono attendere.
L’osservazione della Germania, comunque, si rivela interessante per numerose ragioni: ci mostra come il federalismo dia forza – e non la tolga – nelle situazioni emergenziali e come l’abbandono della razionalità permetta di passare da modello per tutti a modello solo per chi vuole, a prescindere, chiusure in poco tempo, una cosa che dovrebbe preoccupare ogni cittadino che dovrebbe premere perché l’analisi dei dati e della situazione generale, non il buon sentimento, resti maestra nel decidere come agire.