Avrete letto tutti del locale giapponese Melosushi, nell’occhio del ciclone per richiamare sin dal nome e dal logo pratiche di sesso orale.
Sì, ho letto anche la spiegazione ufficiale ma mi sembra parecchio artefatta, un po’ come gli “acronimi inversi”.
Diciamo che è un po’ squallido farlo? Beh, sì, ma se ti appelli a quel pubblico casual che legge “Melosushi” si fa una risata può essere anche utile.
Buona giornata e grazie per aver letto questo breve commento di marketing.
Ah no, scusate, perché “abbiamo anche la contestazione!”
Che, se si limitasse a sottolineare che tale nome è un pelo indelicato, potrebbe anche andare bene, come se non ci arrivassimo da soli. Io nemmeno ci passo in quell’area di Romagna ma magari qualcuno non vuole finanziare un locale con tale nome.
Ma leggiamo la critica fatta dal collettivo Hella Network, riportata dai media.
Hanno segnalato l’insegna alla cosiddetta “agenzia pubblicitaria italiana”.
Piccolo problema: non esiste. Sembra proprio uno di quei nomi che c’è su una busta arrivata dalla Lettonia che ti intima di pagare 500€ per non perdere la registrazione con la camera di commercio.
Esiste invece l’IAP, ossia l’autodisciplina. Ma, lo dice il nome stesso: è auto, ossia bisogna aderirvi. Non è che vedete un’insegna che non vi piace e andate a farla togliere, si tratta di una sorta di codice d’onore. Se uno non vi aderisce deve solamente rispettare la legge che, il cattivo gusto, non lo vieta.
Che, per la cronaca, come viene chiarito su Facebook è dov’è stata fatta la segnalazione. Perché fare il comunicato bene è troppo mainstream.
Detto questo non trovo nemmeno troppo irrispettoso il riferimento al sesso orale, per loro inaccettabile: il sesso, se consensuale, è notoriamente fonte di gioia e divertimento e come tale non va demonizzato. Un buon riferimento al sesso, però, dovrebbe essere sottile mentre se ripetitivo sembrerà solamente una bambinata, perché alla fine sono loro, i bambini, che appena scoprono che la cicogna non esiste vanno a dirlo a tutti gli amici.
Tornando ai temi politici: mi spiace ma ciò che dev’essere permesso comunicare viene deciso in Parlamento, non di certo da questo collettivo, e sotto il massimo controllo della Corte Costituzionale e della Cassazione: già la Costituzione italiana di libertà di espressione ne garantisce poca, ma almeno la mette sopra i sentimenti delle persone.
Siamo, ormai, nella piena era post-Odiare ti costa dove si crede che basti una pagina di paladini per salvare il mondo con delle rocambolesche denunce con annesso arresto in quattro minuti come ai tempi di Maurizio Mosca.
Solo che se almeno Odiare ti costa è composto da avvocati, che dovrebbero aiutare le vittime di diffamazione e ingiuria ma che vedendo il tenore dei post dove vengono taggati temo passino la maggioranza del tempo a dire “no, quel tizio che loda Salvini non è letteralmente Hitler, non possiamo denunciarlo”, qua siamo in mano ai dilettanti allo sbaraglio, con addirittura una persona che definiva tale insegna “anticostituzionale”.
Ripresomi dal mini infarto mi permetto anche di fare notare una cosa: Melosushi non è forse l’unico che cerca pubblicità.
Questo collettivo è recentissimo, su Facebook dal 2020 e prima di questi post ha poco o nulla, qualche dichiarazione di intenti e poco più.
Si fossero limitati a fare notare che la pubblicità è di cattivo gusto, probabilmente, avrebbero ottenuto rilevanza sulla pagina locale del Resto del Carlino mentre paventando denunce, segnalazioni e così via puoi ottenere agilmente il tuo posticino sul quotidiano nazionale con annessa rilevanza.
Concludo, però, facendo notare due cose.
La prima è che, come fanno notare alcuni indignati nei commenti, molte donne non hanno affatto problemi con questo locale. Alla fine, diciamocelo, la reazione media è o una risata o un “non c’è più religione”, non montare su un casino. E se il locale è buono si perdona facilmente il logo un po’ trash. Ma, soprattutto, anche chi trova di cattivo gusto tale locale molto probabilmente non lo frequenterà e ritiene abbastanza risibile tutto il circo mediatico alzatosi.
La seconda è che, specie oggi, è abbastanza paradossale dirsi progressisti e credere che il sesso orale sia esclusivamente una punizione per il genere femminile è quantomeno risibile.
In primis perché anche gli omosessuali lo fanno, in secundis perché, penso siamo abbastanza aperti per dirlo: esistono anche trans che sono donne ma non possono o vogliono operarsi e che quindi hanno il pene e possono usarlo.
Non è un argomento stupido, sia chiaro, c’è una vera e propria faida in corso tra i teorici trans e quelli femministi che ha portato ad una “scissione” nella comunità LGBT e alla nascita delle cosiddette TERF. Non sarà sicuramente il caso ma me l’ha ricordato e pensavo fosse utile raccontarvelo.
Soprattutto, però, dal sesso orale possono trarre gioia anche le donne, pur senza l’atto del “sushi” per ovvie ragioni anatomiche. Ergo propongo di risolvere la cosa in modo neoliberista aprendo un locale di frutta caramellata e chiamandolo “Mela lecchi”