Il PD nazionale ci tiene a farci sapere che non c’è riformismo senza meridionalismo, lo dice Emanuele Felice, il responsabile economico del partito, ma anche Andrea Orlando, già noto per essere stato travolto dal suo stesso partito quando ha detto di voler centralizzare la sanità.
Come se non fosse la preoccupazione di praticamente ogni governo il Meridione ora ci vuole più importanza, bisogna mettere il Meridione al centro, come se non fossimo noi a mantenere la baracca.
Ma tanto, si sa, c’è sempre qualcuno più a Nord che può pagare, just in case.
Sappiamo bene quali sono le ricette dei nostri politici per il Meridione: lavoro pubblico a manetta e buche di Keynes a tema, che però spesso più che portare lavoro al Meridione lo portano alla malavita organizzata.
Queste politiche, inoltre, stanno ammazzando il Meridione stesso: persino in Germania, dove sono state fatte bene, le politiche unitarie hanno creato non pochi problemi all’occupazione nell’Est mentre gli Stati sovrani, come la Repubblica Ceca, hanno iniziato poveri ma diventano via via centri di lavoro e studio di rilevanza globale e, come vi raccontavo, il premier ceco dell’epoca, Klaus, aveva fatto l’equivalente dei suoi tempi dell’Erasmus a Napoli e aveva delle belle cosucce da dire sulla situazione Nord-Sud.
In tutto ciò la sinistra ha completamente abbandonato uno dei suoi più importanti riferimenti storici per divenire una sorta di parodia di un film di Totò.
Leggiamo cosa diceva Filippo Turati nel 1920 alla Camera dei Deputati:
La questione degli uffici e della burocrazia è una cosa sola con la vessata questio del Mezzogiorno.
Il Mezzogiorno è il gran vivaio, e quasi il solo vivaio, di tutta la burocrazia italiana, di tutti i gradi, dal capodivisione oramai alla guardia carceraria.La difficoltà del problema burocratico è tutta la; si tratta, al lavoro parassitario, malsano, turbolento, di sostituire in Italia la possibilità del lavoro produttivo.
Nell’Alta Italia, regione industriale, si può dire che non vi sia un solo alunno dei nostri politecnici, delle nostre scuole superiori, ed anche delle medie, che aspiri ad un ufficio di Stato.
Questi sono diventati uffici di collocamento per quella che chiamerei “la mano d’opera cerebrale disoccupata, inadatta a qualunque utile servizio’
Filippo Turati
Vi sembrerà anche strano che io citi un socialista, ma ricordatevi una cosa: noi oggi, dalla comodità del divano dove ci sediamo dopo un ragionevole di ore di lavoro prendiamo il nostro smartphone pagato con una decina di queste ore, navighiamo su Internet a prezzi stracciati e stiamo belli comodi a guardare una serie TV sappiamo bene che il capitalismo è stato un modello di successo e chiunque sia contro di esso è visto come una macchietta politica, discutiamo al massimo se vi siano delle cose da sistemare e delle autorità necessarie.
All’epoca la situazione era ben peggiore, la povertà rampante e varie alternative erano sul tavolo. Quindi, sì, Turati è un personaggio che interessa tutta la Lombardia perché, diciamocelo chiaramente: se è cambiata la mole di dati che abbiamo per dire quale sistema economico è migliore la situazione del lavoro pubblico nella Bassitalia è grosso modo sempre quella.
Turati, come forse saprete, era un autonomista niente male: i suoi gruppi anelavano addirittura uno Stato di Milano, una Lombardia governata dai Lombardi.
E, al giorno d’oggi, possiamo dircelo chiaramente: il meridionalismo non ci porterà da nessuna parte se non a contare sempre meno in Europa e nel mondo.
Ci serve, invece, l’autonomismo. Il Meridione trovi la sua via senza lo Stato, che da anni ne impedisce ogni forma di sviluppo serio tramite le politiche di lavoro parassitario, il Settentrione si liberi dalle catene stataliste e stia nell’Europa che conta insieme a Germania, Austria e Paesi Bassi dove può stare tranquillamente senza le catene romane.
In ogni caso la concorrenza è pressante e state sicuri che tra una decina d’anni, quando avremo il debito al 180% del PIL e la produzione industriale a livello ridicolo l’Est Europa non ci chiederà il permesso per sorpassarci.
Scegliere: adattarsi o perire. E se periamo, tutti insieme e non ci sarà più alcuno a finanziare il modello di “sviluppo” italiano basato sul lavoro pubblico.
Ma questo sarà argomento per un prossimo articolo.