Agli inizi di aprile Carlo Lottieri ha lanciato il seguente “appello” ripreso nei giorni successivi da diverse testate e citato, nel suo editoriale odierno sul “Corriere della Sera”, anche da Angelo Panebianco.
Fedeli alla missione di “spazio on line” per la diffusione di idee e proposte sulla quale siamo nati, anche noi de “La Voce del Nord” vogliano contribuire alla libera circolazione di questo testo che ci auguriamo possa essere di stimolo per le politiche che dovranno essere messe in campo nei tempi a venire.
Buona lettura.
Mentre gli operatori della sanità pubblica e privata sono in prima linea contro il Covid-19 e mentre la produzione è ferma e gli italiani sono confinati nelle loro abitazioni, il governo sta predisponendo misure emergenziali che sono presentate quali aiuti al sistema economico, ma che in realtà peggioreranno una situazione già disastrosa. Uno Stato moribondo a causa dei debiti contratti negli anni passati si prepara ad aggravare la propria esposizione debitoria, ponendo le premesse per conseguenze ancora più tristi.
Al di là delle singole misure, la filosofia di fondo degli interventi governativi è chiara: s’intende allargare la sfera d’azione del potere pubblico nella convinzione che questo possa aiutare l’economia. Predisporre finanziamenti pubblici a questa o quella categoria, offrire garanzie di Stato per i prestiti e assicurare altre forme di sussidio a quanti sono in difficoltà significa – al di là della retorica – colpire ancor di più il sistema economico produttivo, che sarà ovviamente chiamato a pagare il prezzo di queste decisioni. Anche se gli interventi vengono presentati come se si stesse ricorrendo a una sorta di “manna dal cielo”, le cose non sono così.
In sostanza, si sta predisponendo un gigantesco meccanismo di deresponsabilizzazione (gli economisti parlano di “moral hazard”) e si sta creando una logica da “reddito di cittadinanza” estesa a ogni settore, categoria e classe sociale.
Bisognerebbe muoversi in direzione opposta. Lo Stato deve infatti ritrarsi, in primo luogo rinunciando a ogni imposta diretta per il 2020. È indispensabile che l’apparato pubblico compia quei sacrifici necessari a far sopravvivere il sistema produttivo privato. È necessario che si operino tagli di spesa, che si rinunci a ogni nazionalizzazione (a partire dall’Alitalia, uno scandalo che dura da decenni), che si operi un drastico snellimento della funzione pubblica. Le risorse che sono nella disponibilità dello Stato devono direttamente pervenire agli interessati, senza passare necessariamente attraverso tutto quell’armamentario che ne ritarda l’erogazione e, soprattutto, che (passando per mille enti e un asfissiante percorso burocratico) incide pesantemente sulla consistenza degli aiuti stessi, riducendoli in modo sensibile e favorendo quel clientelismo e quella corruzione che con facilità si annidano proprio negli apparati burocratici.
Oltre a ciò, bisogna disboscare la selva delle regole, perché quanti evocano il “boom” successivo alla Seconda guerra mondiale dovrebbero ricordare come allora chi voleva intraprendere poteva farlo con facilità: non c’erano tutte le leggi che ora impediscono ogni iniziativa, né vi era una pressione fiscale come l’attuale.
Se non si abbandonerà questo interventismo autoritario, sostenuto dal generale consenso delle forze politiche, il disastro economico generato dalla pandemia sanitaria non troverà soluzione. Non è possibile alcuna ricostruzione in un’economia dominata dal gioco delle lobby, da una redistribuzione costante delle risorse, da scelte che privilegiano l’oggi e sacrificano – ancora una volta! – le generazioni a venire.
Facciamo che lo Stato lasci lavorare in pace chi vuole fare: rinunciando quanto più sia possibile alle imposte dirette del 2020 ed eliminando ogni norma che ora ostacola quanti intraprendono.
Carlo Lottieri, università di Verona
Sergio Belardinelli, università di Bologna
Alberto Berardi, università di Padova
Silvio Boccalatte, avvocato
Emanuele Boffi, direttore di “Tempi”
Roberto Brazzale, imprenditore
Aldo Canovari, editore
Renato Cristin, università di Trieste
Raimondo Cubeddu, università di Pisa
Andrea Favaro, università di Verona
Roberto Festa, università di Trieste
Michele Fiorini, avvocato
Oscar Giannino, giornalista
Alessandro Gnocchi, giornalista
Lorenzo Infantino, università LUISS di Roma
Antonio Masala, università di Pisa
Roberta Adelaide Modugno, università di Roma Tre
Guglielmo Piombini, saggista ed editore
Florindo Rubbettino, imprenditore
Corrado Sforza Fogliani, avvocato
Michele Silenzi, saggista
Giorgio Spaziani Testa, avvocato
Adriano Teso, imprenditore
Daniele Velo Dalbrenta, università di Verona
Alessandro Vitale, università di Milano
Per ogni adesione, scrivere a questo indirizzo:
nopandemiastatalista@gmail.com