L’ultima uscita di Salvini sull’aborto è stata abbastanza meritevole di censura nel parlare di “stili di vita sbagliati” e di “non cittadine”. Tuttavia ha sollevato un punto importante: è giusto che tutti paghino per le scelte individuali?
Personalmente sono da tempo per un modello sanitario ispirato a quello Bismarck che, a mio parere, è un buon compromesso tra l’intervento statale per garantire a più persone possibile la sanità e la libertà del mercato, se fatto bene.
Nel mio modello ideale, tuttavia, l’accesso alla libertà di scelta è garantito non solo ai lavoratori – come accade in alcuni modelli Bismarck – ma a tutti tramite un voucher (qui un modello in cui lo Stato paga un voucher annuo di 1’000€ a ogni cittadino per il welfare – altrimenti solo comunale – per farvi capire l’impatto sui conti pubblici). E il principale beneficio etico di tale modello è una maggiore responsabilizzazione, sia sanitaria – un’assicurazione ha beneficio nel favorire stili di vita sani – sia finanziaria – lasciare la possibilità di scegliere alle persone in quali settori assicurarsi e in quali no (magari con delle franchigie) è un’idea obiettivamente interessante e che riduce il peso collettivo di scelte individuali quali compiere sport pericolosi.
E se applicassimo lo stesso principio all’aborto volontario? Una donna sarebbe libera di scegliere nella sua assicurazione se vuole essere coperta per l’aborto o no. Vediamo un po’ di numeri.
In Italia un aborto chirurgico costa di media al SSN sui 1500€. È tanto, visto che i privati di solito lo fanno pagare sul migliaio e in Austria – dove non è passato dalla mutua – costa sui 600€, ma fingiamo che sia un prezzo giusto.
In Italia ci sono circa 80’000 IVG l’anno. Sono circa 120 milioni di Euro l’anno. Le donne in età fertile, in Italia, sono circa 7 milioni. Con una semplice divisione possiamo sapere che l’assicurazione per l’aborto costerebbe dai 17€ l’anno in caso tutte aderiscano a 24€ in caso in cui ben due milioni vi rinuncino. Il tutto senza nemmeno immaginare la possibilità che le persone scelgano di contribuire volontariamente all’assicurazione aborto. Se 10 milioni di italiani scegliessero di sostenere tale assicurazione il suo costo sarebbe di 1€ al mese per sottoscrittore.
Con somme del genere, diciamocelo, la scelta di non aderire è una scelta etica ben ragionata, specie perché sicuramente – e potrebbe essere un requisito legale – esisterebbero welfare per chi veramente non può permetterselo.
Pensateci: Non si potrebbe più usare l’argomento “l’aborto lo pagano tutti ma lo usano pochi” perché l’aborto sarebbe pagato formalmente dalle assicurazioni. Vorrebbe dire di fatto rafforzare la posizione sociale dell’IVG riducendo le critiche contro di essa.
E se, come qualcuno con cui ho parlato, crede che sia un provvedimento troppo punitivo, beh, lo invito a ricredersi! Si tratta solo di un’applicazione del sistema Bismarck – che sia chiaro io introdurrei in generale – e riguarderebbe solo l’aborto volontario, non quello terapeutico o in casi eccezionali. E non è mica una cosa che mi sono sognato di notte: In Austria gli aborti volontari si pagano (e infatti costano meno che qui), in Germania si pagano – le assicurazioni pagano solo in caso di violenza o pericolo di vita – e idem in Repubblica Ceca, dove l’aborto può costare anche soli 300€.
Si tratta, in pratica, di un’applicazione del modello svizzero. Infatti in Svizzera ogni donna di default paga l’assicurazione per poter accedere all’aborto volontario. Se vuole può rinunciare a questa copertura. Un modello che non cambierebbe praticamente nulla per le donne che vogliono poter, a un punto o l’altro della propria vita, accedere all’IVG, se non che vedrebbero esplicitamente un prelievo che prima veniva fatto implicitamente tramite tassazione, ma che zittirebbe la gran parte delle critiche sull’aborto.