Che la repressione spagnola sia stata un enorme boomerang d’immagine è un fatto chiaro e patente, dato che l’indipendenza si sarebbe potuta impedire in un banalissimo modo, ossia non riconoscendola.
Ma, cosa sarebbe accaduto in Catalogna con la Costituzione più bella del mondo? Non parliamo, ovviamente, di quella italiana ma di quella del Liechtenstein. Una Costituzione, come ogni opera umana, imperfetta, ma sicuramente un gioiello del nostro secolo.
Soprattutto, nello stabilire un principio non da poco: Meno Stato, meglio organizzato e soprattutto se un comune non si trova bene può prendere e cambiare Paese o fondarne uno nuovo.
Nel 2003, grazie alla lungimiranza di Giovanni Adamo II, Principe Regnante, venne infatti introdotto il diritto di secessione nell’articolo 4 della Costituzione del piccolo Principato.
Il referendum, come e quando
La Costituzione del Liechtenstein prevede il diritto di secessione per i singoli comuni. È quindi prevedibile che in una Spagna liechtensteiniana il diritto di secessione sarebbe, più che delle Comunità Autonome, delle comarche o simili entità.
Quindi, essendo richiesto un quorum per andare al voto, già le comarche più spagnole, magari al confine, non avrebbero votato. La Val d’Aran, idem, oppure avrebbe votato per un’indipendenza non catalanista, per non rischiare di essere terra spagnola separata da un altro Stato.
Le Comarche in bilico, probabilmente, avrebbero preso parte al referendum per poter, in caso, sedersi al tavolo delle trattative.
Il referendum, quindi, sarebbe stato una serie di referendum nati su base locale, non un diktat del Parlamento di Barcellona.
Il risultato
Possiamo immaginarci sicuramente uno scenario fallimentare per l’indipendenza, dove solo poche comarche avrebbero confermato il sì, tuttavia presumiamo uno scenario positivo per l’indipendentismo: No netto in alcune comarche, no di misura in altre e sì nella gran parte delle comarche.
Alcune comarche del No in mezzo alla Catalogna avrebbero probabilmente ripetuto il referendum per una ragione: Non essere exclave spagnole in Catalogna. Ma alcune sarebbero restate, infine, Spagna.
E qui viene un bel punto: In un modello del genere, ideato guardando la secessione giurassiana, la secessione non necessita di essere tutto e subito: Grazie alla libera circolazione una comarca sarebbe potuta restare spagnola, guardare agli eventi della vicina Catalogna e decidere, in futuro, se entrare nel nuovo Stato o no.
Al tavolo
La Costituzione del Principato prevede secessioni per legge e per trattato. Presumendo la complessità di una secessione come quella catalana quasi sicuramente si sarebbe andati per trattato.
Le autorità spagnole, delle comarche e qualche rappresentante della Catalogna si sarebbero seduti a un tavolo per raggiungere questo trattato, che dovrà essere poi votato singolarmente da ogni comarca.
Da un punto di vista letterale il governo spagnolo dovrebbe cercare un singolo trattato con ogni comarca. Tuttavia, molto probabilmente, si cercherebbe un trattato con le comarche di Catalogna in generale per costituire uno Stato catalano, fissando in capo ad esso obblighi, diritti e doveri.
La Spagna cercherebbe un accordo capace di difendere gli spagnoli in Catalogna e i propri interessi nel nuovo Stato, mentre la Catalogna proverebbe ad assicurarsi l’accesso agli enti internazionali come l’Unione europea.
Ma non si potrà fare alcun colpo di mano: Infatti un trattato eccessivamente catalanista potrebbe spostare le comarche dubbiose, quelle del no di misura, verso un no al referendum confermativo che le porterebbe a restare spagnole. Questo meccanismo sarebbe stato il più grande contrappeso a tutela dei diritti degli spagnoli in Catalogna.
Durante le trattative, comunque, inizierebbero a crearsi tutte le basi per i rapporti politici, economici e culturali tra i due Paesi.
Resterebbe, inoltre, aperta la questione Capo di Stato: Se, oggi, i catalani odiano il Re poiché simbolo di oppressione in un sistema del genere si sarebbe quasi sicuramente guardato alla via scozzese, indipendenza in unione personale con il monarca dello Stato precedente, almeno inizialmente.
Avremmo quindi visto con più probabilità, ironicamente, il quarto Principato del mondo e non una Repubblica.
L’indipendenza
Giunto l’accordo, esso viene votato e confermato dalle comarche. Si fissa ufficialmente la tabella di marcia per l’indipendenza: Sempre più compiti vengono passati alla Generalità di Catalogna, predecessore del futuro Stato, viene preparato il passaggio del budget, le rappresentanze catalane all’estero diventano ambasciate e si preparano le basi dell’esercito di Catalogna.
Il giorno dell’indipendenza le massime autorità spagnole si recano a Barcellona per il passaggio dei poteri: Tra i massimi onori viene ammainata la bandiera di Spagna sulle note della Marcha Real mentre viene issata, sempre tra i massimi onori, la Senyera sulle note di Els Segadors.
Il Re di Spagna fa un discorso dinnanzi al Parlamento catalano rimarcando la storica amicizia tra i popoli: In caso di scelta repubblicana, passa ufficialmente i poteri al Presidente di Catalogna ad interim mentre in caso di scelta monarchica viene ufficialmente investito del titolo principesco catalano e, come primo atto, dichiara il Presidente della Generalità come Capo di Governo ad interim.
Alla fine
In un sistema del genere vi sarebbe un grande rispetto della volontà popolare ad ogni livello, evitando colpi di mano, diktat o scelte obbligate non necessarie.
I due Paesi avrebbero ottenuto fin da subito rapporti privilegiati e leali, evitando il sorgere di nazionalismi dannosi per tutte le parti.
Pace, lealtà e tranquillità sarebbero state alla base dei rapporti tra le due comunità. E non sarebbe forse stato meglio così?