Sentire citare la Padania da parte di Leo Miglio, figlio del fu Gianfranco ad un convegno del Partito Democratico, poteva sembrare eretico fino a poco tempo fa.
Invece così è stato nel corso di un incontro che il PD lombardo ha organizzato a Milano dal titolo “La Questione Nord – Miglio, Cattaneo ed il pensiero federalista visti da sinistra”. Militanti di sinistra quasi increduli nell’ascoltare come la sinistra lombarda stia cavalcando un tema per trent’anni identificato con la battaglia nata dall’intuizione di Umberto Bossi. Non un federalismo ed una autonomia in salsa leghista, ma dagli interventi degli oratori saltano all’occhio spunti che mai avremmo pensato di udire da esponenti di quella sinistra, che ha fatto e per certi versi ancora fa del centralismo un elemento fondante della sua idea di Stato.
Certo non vogliono sentir parlare di residuo fiscale il recupero del quale, da parte delle Regioni del Nord, viene visto come un attentato alla solidarietà nazionale e non come un inutile esproprio secondo il dogma leghista pre salviniano. Ma gli altri temi cari agli autonomisti e federalisti ci sono tutti, dalla applicazione spinta del principio di sussidiarietà, demandando quanto più possibile competenze e risorse alle funzioni amministrative più vicine ai cittadini, fino all’eventuale accorpamento di Regioni per aumentare la loro competitività, accostando il modello a quello macroregionale di Gianfranco Miglio, tema caro all’outsider di sinistra Massimo Cacciari presente all’incontro.
Fatto proprio anche il principio di permettere che le Regioni più sviluppate e capaci di produrre innovazione, lavoro, ricerca debbano essere lasciate libere di correre ad una velocità diversa dalle altre per competere in Europa, anche nell’ambito delle macroregioni transnazionali. Il tutto però bilanciato da uno spirito solidaristico che può concretizzarsi, ad esempio, in quella camera delle regioni più volte teorizzata e mai realizzata. Lasciamo correre le Regioni forti perché ciò sarà funzionale anche alla crescita di quelle più deboli, questo il concetto.
Ma non è finita. Anche il principio secondo il quale l’Autonomia debba essere supportata da entrate proprie regionali e non da trasferimenti statali entra nel nuovo dna federalista di sinistra. Questo con buona pace della “autonomia a saldo zero” alla base della mai partorita riforma del governo giallo-blu.
Sembrerebbe quindi una rivoluzione quasi culturale nel mondo di sinistra, ma se ben osserviamo, così non è. La sinistra, benché statalista, in fondo ha sempre cullato l’idea che il concetto della devoluzione dei poteri fosse un argomento da perseguire, magari strumentalmente. Se i lombardi ed i veneti hanno potuto esprimersi il 22 ottobre 2017 sull’autonomia, lo devono alla riforma del titolo V della Costituzione, approvata nel 2001 dal centrosinistra. Inoltre l’approvazione dello stesso referendum è stata votata, in Regione Lombardia, anche grazie ai voti del PD.
Oggi che la Lega salviniana ha di fatto messo in secondo piano la questione nordista per non scontentare i milioni di “nuovi leghisti” provenienti dal centro e dal sud, quale migliore opportunità poteva presentarsi per il PD di appropriarsi di un tema caro a lombardi e veneti, ma anche a piemontesi ed emiliano romagnoli ?
Ma non è tutt’oro quel che luce, dice il proverbio. Esiste una spaccatura all’interno del PD sul tema autonomia e federalismo. La mancanza di una struttura federale di partito bensì centralista, afferma Cacciari, mal si sposa con la volontà di una profonda riforma federale del sistema Stato. E Giorgio Gori, sindaco di Bergamo, non la manda a dire esternando tutte le sue perplessità sulla scelta del Ministro degli Affari Regionali (ndr Francesco Boccia)
Ma anche volessimo credere alla svolta federalista del PD, senza una profonda riforma dello Stato, gli sprechi, l’assistenzialismo, il voto di scambio fatti sistema, faranno si che la lacerante contrapposizione Nord-Sud rimarrà tale, come tale resterà il desiderio di rivalsa da parte dei popoli che da troppo tempo si sentono sempre più vessati e tassati.
L’Autonomia ed il Federalismo non hanno colore politico, non c’è destra e non c’è sinistra quindi una profonda riflessione deve essere fatta, partendo dal territorio, e se vi sono forze politiche disponibili a spingere in quella direzione, certamente la discriminante non sta nel loro colore ma nella loro serietà.
………e i leghisti stanno a guardare