Anche i residenti dei campi rom chiedono il reddito di cittadinanza.
Ma c’è di più: a Ostia buona parte di una famiglia condannata in primo grado per associazione mafiosa ha chiesto appuntamento per poter compilare il modello Isee, documento preliminare per poter presentare la domanda per il reddito di cittadinanza.
Andiamo con ordine.
A Torino sono già una decina gli appuntamenti prenotati al Caf della Cisl di via Breglio da famiglie ROM. In fila famiglie composte anche da donne con 14 figli che vivono nei campi nella zona dell’Aeroporto.
Possibile? Certo. In Italia si contano più di 150.000 Rom: il 50% di loro ha la cittadinanza italiana.
Il presidente di Retisolidali Csv-Centro per il Servizio di Volontariato del Lazio, Renzo Razzano, intervistato dall’Adnkronos ha però osservato: “E’ positivo aprire il reddito di cittadinanza anche ai rom perché, con l’aria che tira nel nostro Paese, è certamente un segnale di attenzione per queste comunità che va controcorrente” ma “ritengo sia molto problematico indirizzare i rom su un percorso di lavoro“.
A Ostia ha fatto rumore la richiesta della famiglia Spada, condannata in primo grado per associazione mafiosa. A dare notizia della richiesta è il Messaggero che ha avuto l’informazione direttamente dal Caf della Cisl di Ostia.
Ma come è possibile che una delle famiglie più potenti del Lazio possa accedere al reddito di cittadinanza? Gli appartenenti della famiglia risultano nullatenenti e vivono in case del comune di Roma, occupate abusivamente, come stabilito da indagini della magistratura che, lo ricordiamo, ha anche condannato alcuni componenti per associazione a delinquere.
Il controsenso: una norma votata anche dalla Lega
Mentre l’autonomia per il Nord continua a slittare emerge con sempre più forza il controsenso di un provvedimento votato anche dalla Lega Salvini Premier.
Ci saranno persone davvero in difficoltà, soprattutto al Nord, che riceveranno poco o nulla, mentre a trarne beneficio potrebbero essere evasori e cittadini di altre nazionalità. Categorie molto distanti dagli “Italiani per Bene” (cit) tanto cari al vice premier leghista.
Rispetto al voto favorevole dei leghisti, sia alla Camera che al Senato, qualcuno parla di lealtà nei confronti dell’alleato, quel Movimento Cinque Stelle che ha strenuamente creduto in questa idea e che alza le barricate nei confronti dell’autonomia chiesta a gran voce da più di cinque milioni di cittadini. In realtà, con il passare dei giorni, l’alleato leghista rischia di trasformarsi in un complice.
Dopo aver incassato il si del Senato – lo scorso 27 Febbraio e con i voti della Lega- il decretone sul reddito dovrà tornare alla Camera.
Che fare? Staccare la spina a questo governo, prima che sia troppo tardi.