È ormai risaputo che l’abbandono delle regioni padane da parte della ormai archiviata Lega Nord, abbia lasciato un grande vuoto nello spazio politico e culturale di un’area geografica che conta più di 25 milioni di persone (mi sono voluto fermare all’Emilia-Romagna).
La domanda che invece lascia addetti ai lavori, diretti interessati e, come il sottoscritto, semplici appassionati della materia è:
Ora che si fa?
Al momento, il panorama politico indipendentista e autonomista delle regioni padane è frastagliato come non mai: dai piccoli partiti indipendentisti sparsi qua e là, i quali ahimè faticano a convergere su progetti più grandi e significativi (più per vanità e fame di protagonismo dei singoli che per similitudini ideologiche), a formazioni come Grande Nord la quale, invece di ragionare in chiave moderna e lungimirante, sembra più puntare a una rinascita forzata della vecchia Lega Nord.
La lobby meridionalista nelle istituzioni italiane è sempre stata molto forte e incisiva, questo è ormai un dato di fatto. Prima viene il territorio (o i voti, in base alla buona o alla cattiva fede con cui la si voglia vedere), poi il partito.
Perché si contrasti questa situazione, estremamente svantaggiosa per i popoli padani, occorre a mio avviso prendere spunto da ciò che avviene da decine di anni in due territori facenti parti della Macroregione Alpina: Südtirol e Baviera.
Partiamo dalla seconda:
In Baviera il partito politico egemone è la CSU (in italiano Unione Cristiano Sociale), costola regionale della CDU di Angela Merkel, con la quale forma la cosiddetta Unione. In Europa fanno parte del PPE, primo gruppo al Parlamento Europeo, di stampo europeista e fondamentalmente di centro-destra. In Germania invece i due partiti si “dividono il compito” da bravi fratelli: La CSU si presenta alle elezioni solo in Baviera, intercettando l’intero elettorato di centro-destra e difendendo le istanze esclusive di quel territorio (di ben 13 milioni di persone), mentre la CDU si presenta alle elezioni in tutto il resto della Germania escludente, appunto, la Baviera.
Tornando in Padania, più precisamente in Südtirol, l’altro caso di studio non può essere che la SVP (Südtiroler Volkspartei), partito di estrazione cristiano-democratica e autonomista, in difesa della minoranza linguistica tedesca in Italia. Come la CSU bavarese, anche la SVP fa parte del gruppo del PPE al parlamento europeo, mentre a livello nazionale, nonostante sia stata storicamente legata alla Democrazia Cristiana, negli ultimi 20 anni si è avvicinata ai partiti di centro-sinistra fino ad arrivare a un apparentamento, sia a livello locale, sia a livello nazionale.
Questi cambi di schieramento dipendono sostanzialmente da una linea politica volta ad appoggiare chi garantisce gli interessi del Südtirol e delle minoranze germanofone in Italia, a prescindere dalla destra o dalla sinistra. Prova ne è che, per le prossime Elezioni Europee, la SVP ha raggiunto un accordo con Forza Italia, anch’essa parte del Partito Popolare Europeo.
Questi due esempi vincenti mi portano sperare nella nascita di un nuovo partito di estrazione popolare ed europeista che, presente solo nelle regioni padane, ne faccia gli esclusivi interessi, con pragmatismo e senza estremismi, accantonando gli ormai insopportabili distinguo destra-sinistra, i quali hanno la unica funzione di spostare l’attenzione dai problemi reali dei nostri territori e del nostro apparato produttivo.
Qualcuno parla già da qualche anno di “Sindacato del Nord”, ed è ciò che un partito di estrazione territoriale deve essere effettivamente chiamato a fare collaborando, perché no, con tutte quelle forze indipendentiste e autonomiste che affollano lo scenario politico padano.
Un nuovo partito che veda al centro della propria azione politica gli amministratori locali, persone con esperienza e capacità e in grado di fare lobby nei confronti di un sistema troppo abituato ad una classe politica del Nord troppo morbida e legata alle logiche di partito, e sempre impaurita nel cercare di tutelare i propri cittadini, a discapito delle politiche clientelari e assistenzialiste tipiche della cultura italianista presente nelle istituzioni dello stivale.
Lo spazio per agire c’è. Occorre solo iniziare, e al più presto.