Da più parti al Nord si leva il grido di dolore del mondo delle imprese nei confronti della politica in generale.
Badate bene non solo nei confronti del governo. In particolare nei confronti del governo, perché in esso si concentrano le maggiori forze del sistema contro le imprese, ma altrettanto si potrebbe dire anche per chi al governo non ci sta.
E’ la politica nel suo complesso ad aver abbandonato l’economia di impresa e in alcuni casi addirittura ad averla avversata nel suo complesso. Ci aveva pensato il mai compianto Matteo Renzi col suo goffo tentativo di spazzar via i cosiddetti corpi intermedi a minare il già fragile rapporto delle istituzioni con chi produce. E lo aveva fatto dopo un lungo periodo di discriminazione nei confronti delle partite Iva ad opera del governo Monti. Il tempo passa e col passare dello stesso ahimè dobbiamo riconoscere che ormai l’ultimo politico ad avere avuto feeling con la Classe imprenditoriale fu proprio Silvio Berlusconi ormai oltre un decennio fa. Poi il nulla. Guarda caso un imprenditore prestato alla politica.
Dopo di lui solo professori e politici di mestiere che possono vantare il triste primato di non aver lavorato un giorno in vita loro, o quasi. In pratica un decennio in cui questo scalcinato paese è stato retto da dipendenti pubblici o inoccupati. Già perché ormai gli inoccupati hanno di gran lunga superato gli occupati nel bel paese. E se sommiamo gli inoccupati (pensionati, studenti e disoccupati più i meno cronici ) ai dipendenti pubblici risulta chiaro a tutti che la maggioranza di questi cittadini appartiene alla categoria di “coloro che non rischiano”.
Diciamo che non fanno Impresa e costituiscono il più grande blocco ostile al mondo dell’impresa del sistema capitalistico occidentale. Tendenza che ovviamente aumenta Più si scende di latitudine ma che ormai riguarda un po’ tutto il paese.
Un paese dove aumentano percentualmente in modo vertiginoso, secondo i sondaggi, coloro che sognano un posto pubblico e che purtroppo votano in massa per chi possa garantire qualche vantaggio appunto “senza rischi”. Una situazione surreale per la terza potenza industriale d’Europa destinata a breve ad essere scalzata nelle graduatorie proprio per assenza di imprenditori e non di mercato. Già perché il mercato c’è e ci sarebbe.
Quello che comincia a Scarseggiare sono proprio coloro che possano occuparlo o intercettarlo: gli imprenditori. E allora sorge spontaneo un dubbio guardando alla prospettiva: a questo paese serve davvero una politica industriale? O serve qualche industriale che aiuti la politica ad uscire da questo infinito vortice statalista e assistenzialista? Ovviamente opto per la seconda ipotesi.
Oggi più che mai serve un modello di imprenditore che abbia la forza di spiegare quali siano le scelte migliori per evitare fenomeni quali la Delocalizzazione, la deindustrializzazione e la perdita di valore del lavoro in quanto tale. Serve qualcuno che cominci a parlare di lavoro come dovere e non solo come diritto. C’è bisogno di gente che spieghi che ovunque al mondo dove hanno preso piede politiche legate a forme di rendita si sono sempre registrati tristi epiloghi. Dove al reddito di cittadinanza (o di nullafacenza come lo definiscono scherzosamente i detrattori dello stesso) si contrappone il reddito di impresa. Grande o piccola che sia; purché impresa.
Perché un’economia si salva se crea valore aggiunto e non se massacra I pochi rimasti a generarlo in nome di una distribuzione della ricchezza iniqua al contrario della narrazione della stessa. Non se ne può più di sentire parlare gente che senza aver mai rischiato nulla in vita propria ridicolizza, o peggio stigmatizza, l’operato di chi, in una economia di stato disastrato come quella tricolore, e’ riuscito a creare uno dei più grandi risparmi privati del pianeta . Risparmio che non può essere a garanzia dei debiti dello stato come vorrebbe semplicisticamente chi è convinto che produrre ricchezza sia un po’ come rubare.
Chi definisce “prenditori” (con un’accezione negativa che sconfina nell’odio di genere) chi fa impresa. Certo qualcuno nel tempo ha approfittato del proprio ruolo, ma oggi della maggioranza di essi non possiamo certo pensare di farne a meno. Soprattutto per sostituirli con un modello di economia di stato che anche nel recente passato ha portato solo sciagure. Serve un nuovo impegno per il mondo delle imprese. Serve che qualche imprenditore illuminato prenda l’iniziativa e scenda in campo. Dentro o fuori dai partiti che compongono l’attuale offerta politica. Qualcuno lo faccia in fretta prima che quel che resta di questa malandata economia finisca nel limbo al quale parrebbe destinata in questa fase. I cittadini prima o poi capiranno e ringrazieranno. Inattivi compresi.