“La mia indipendenza, che è la mia forza, implica la mia solitudine, che è la mia debolezza” così Pierpaolo Pasolini con la propria consueta immensa capacità di espressione parlava di se e del mondo.
Essere indipendenti nella vita come in politica a volte allontana. E sempre più spesso mi sono sentito lontano in questa fase. Lontano dalle masse vocianti ed astiose dei social network. Lontano dal pensiero dominante intriso di responsabilità altrui e di totale assenza di auto critica. Lontano da chi derubrica a ciarpame romantico le grandi idee degli ultimi decenni. Badate bene idee e non ideologie.
Ormai pare che i grandi temi della fine del novecento siano spariti dal dibattito politico locale e questo mi ha spinto ad un graduale distacco dal l’impegno nel pubblico, pur non essendomi mai rassegnato fino in fondo alla passione che per tutta la vita ha animato la mia azione: la politica dei contenuti.
Sullo sfondo, fra le grandi questioni irrisolte, quella settentrionale. Ossia la quintessenza dell’impegno di una vita. A volte di tanti e negli ultimi anni praticamente quasi solo mia. O almeno così ho pensato fino alla scorsa settimana. Poi un evento apparentemente poco significativo e decisamente silenziato da una informazione che si adegua alla velocità della luce al linguaggio e ai contenuti del nuovo corso politico: la grande manifestazione di massa in piazza a Torino.
Camuffata da iniziativa pro-tav si è consumata in realtà una delle più importanti pagine di quello che considero un vero e proprio ossimoro: il civismo militante.
Non ricordavo da tanto tempo qualcosa di analogo. Decine di migliaia di persone, senza alcuna regia di partiti decotti e allo stremo in termini di credibilità, hanno scelto di rilanciare in una giornata uggiosa di un tiepido autunno padano la questione settentrionale in tutta la propria drammatica attualità.
Migliaia di cittadini hanno detto forte e chiaro che non ne vogliono sapere di assistenzialismo, decrescita programmata (felice non mi sentirei di aggiungerlo) e tanto altro.
Col pretesto nemmeno tanto ostentato della linea alta velocità, hanno ribadito l’interesse di questa Parte di paese ad essere un pezzo d’Europa. Con tutti i limiti del caso ma con la consapevolezza del fatto che non esistano alternative, all’Europa e alla modernità.
Tutto il resto spaventa e mai come in questo caso dimostra tutte le differenze che dividono uno stato forzatamente unitario, centralista e oppressivo che nell’ultimo periodo accentua la propria inadeguatezza alla soluzione dei problemi. Un paese dove mentre a Torino si manifesta per chiedere alla politica il coraggio di darci una prospettiva di crescita a Napoli possono riunirsi a migliaia in cerca di facili strumenti di assistenzialismo puro, quali il reddito di cittadinanza o i lavori socialmente utili.
Due paesi insomma mai così plasticamente divisi nella sostanza, ma soprattutto negli obiettivi. Questo serva da monito a quella parte di maggioranza governativa che al Nord trova in questo momento un grande consenso e che a volte pare essere tentata dall’idea di andare a cercarlo altrove con metodi e promesse elettorali che a questa parte di paese risultano tuttora indigesti. L’indipendenza politica, sociale e culturale continui ad esserne la forza e da sabato scorso ho la prova che si possa essere anche meno deboli. Quella piazza ha letteralmente spazzato via là solitudine. La gente spesso è più avanti dei propri rappresentanti politici. Quella gente ha tracciato un solco.